44. Un incubo di Zdzisław Beksiński

Zdzisław BeksińskiNessuno dei quadri del pittore polacco Zdzisław Beksiński ha un titolo. L’artista non si intratteneva mai nemmeno a parlare dei suoi quadri, ed evitava di rispondere alle domande sul significato delle sue opere.

L’atto stesso di creare implica l’esternazione di un contenuto interno, che sia una forza o un sentimento, un incubo o un bel ricordo. Nonostante tutte le sue opere siano particolarmente oscure e spaventose, Beksiński è ricordato come un uomo solare e piacevole, sempre pronto a scherzare.

C’è da chiedersi come quest’uomo sarebbe stato diverso se non avesse avuto nell’arte un modo per tirarsi fuori dall’anima tutti quei demoni!

43. Il Padre Nostro di Alphonse Mucha

Benchè non sia molto conosciuto, il commento illustrato al Padre Nostro di Mucha è uno dei suoi lavori più profondi e degni di meraviglia.

Nel 1900 Mucha era a Parigi, e benchè godesse di un discreto successo, era anche stufo di impegnare la sua arte solo per commesse commerciali quali pubblicità e poster. Sentiva un bisogno di elevazione, di slancio spirituale, e così decise di intraprendere l’ambizioso progetto di illustrare e commentare la più importante preghiera cristiana.

L’artista divise la preghiera cristiana in sette frasi, espandendo ognuna in tre parti ulteriori: una meravigliosa calligrafia illustrata, un breve commento scritto a mano in grafia gotica dallo stesso Mucha, e un’altra pagina riempita da un’illustrazione in uno stile più classico.

Il tutto fu pubblicato a Parigi, in un libricino a colori di cui furono stampati solo 510 esemplari.

Il commento e l’immaginario simbolico tradiscono l’influenza della massoneria, con cui l’artista venne in contatto proprio a Parigi; ma grazie a Dio il raffazzonato sincretismo religioso ed estetico di quegli ambienti non turba nè l’arte nè il pensiero di Mucha. Ne risulta invece un’interpretazione originale della preghiera, viva e vivificatrice, perchè la purifica dalle incrostazioni della consuetudine, come solo l’arte può fare.

Alphonse Mucha - Le PaterI sette cerchi sulla sinistra sono un richiamo alle sette parti che seguono, una sorta di sintesi condensata in un’immagine altamente simbolica.

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Padre nostro che sei nei cieli

Nel seno della materia dormiente l’uomo si sveglia a poco a poco, fino a giungere faticosamente alla coscienza. Per arrivare lassù, verso l’Ideale, è necessario che la sua anima si orienti, si sblocchi, abbandoni la regione delle tenebre in cui il suo corpo lo trattiene.
L’uomo di buona volontà avanza lentamente verso questa luce che egli percepisce in lontananza, e assieme a lui, sale la folla degli esseri, i suoi simili. Tutti costoro sono suoi fratelli – figli di una stessa famiglia, destinati allo stesso futuro, e in uno slancio di amore filiale, egli chiama questa Luce che li guarda tutti: “Padre nostro che sei nei cieli”.

Alphonse Mucha - Le Pater Alphonse Mucha - Le Pater Alphonse Mucha - Le Pater

Sia santificato il tuo nome

Uscito dall’abisso della terra e arrivato davanti a questa Luce che è la Divinità, l’uomo vuole offrire a Dio il meglio di ciò che possiede, e fa salire assieme al fumo del sacrificio che Gli rivolge i suoi sentimenti di adorazione e glorificazione.
Tutte le moltitudini prostrate aggiungono al fuoco materiale che sale la fiamma interiore che emerge dai loro cuori incoscienti.
Raccolta in una benevola compassione, la Divinità contempla questo primo passo verso il risveglio della lucidità.

Alphonse Mucha - Le Pater

Alphonse Mucha - Le Pater

Alphonse Mucha - Le Pater

Venga il tuo regno

La Divinità, mossa da questo sforzo costante che sale verso essa, fa discendere un primo raggio di Verità che viene a rischiarare l’abisso nel quale lottano gli uomini.
Sorpresi all’inizio da questa luce che penetra le loro anime, fino ad allora immerse nelle tenebre della materia, si avvicinano, spinti da una santa curiosità, e si sentono dominati da una Forza sconosciuta che regna ormai su di loro: l’Amore.

Alphonse Mucha - Le Pater Alphonse Mucha - Le Pater Alphonse Mucha - Le Pater

Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra

Conoscendo ora il suo Padre divino e l’amore che lo unisce a lui, l’uomo impara a fidarsi della Potenza benevola che controlla il suo destino.
In un completo abbandono di sé, egli accetta da Dio tanto il bene quanto il male, con la medesima rassegnazione, sapendo già che tutti gli avvenimenti della vita sono controllati dalla saggezza di una Volontà superiore.

Alphonse Mucha - Le Pater Alphonse Mucha - Le Pater Alphonse Mucha - Le Pater

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Egli ammira questa saggezza della Provvidenza che soddisfa, ogni giorno, tutti i bisogni degli esseri che vivono attorno a lui. Egli vede che dal seno della terra escono fiumi di latte ai quali si abbevera la sete dell’uomo, mentre la Divina Bontà gli dà il pane spirituale dell’Amore che viene a saziare la fame della sua anima.

Alphonse Mucha - Le Pater Alphonse Mucha - Le Pater Alphonse Mucha - Le Pater

Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori

Possedendo gli alimenti della vita materiale e spirituale, l’uomo volge quindi la sua Coscienza verso i suoi simili e deve imparare a trasferire sul suo prossimo l’Amore interiore che lo anima.
Padroneggiando la forza malvagia dei suoi istinti primitivi, grazie alla Volontà del suo Educatore eterno deve anche comprendere e seguire la grande legge del Perdono.

Alphonse Mucha - Le Pater Alphonse Mucha - Le Pater

Alphonse Mucha - Le Pater

E non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male

Nella coscienza assoluta di se stesso, ora l’uomo avanza dentro il raggio di chiarezza intravista verso l’Ideale, sorgente luminosa che lo attira.
La sua volontà, aiutata e diretta dalla sollecitudine della sua Guida Divina, attraversa le insidie dei demoni del male e infine arriva, purificata dalla materia e libera, di fronte all’Essere Supremo che l’ha risvegliata alla vita.

Alphonse Mucha - Le Pater

42. Le illustrazioni fiabesche di Johan Fabricius

L’animo umano è irresistibilmente attratto dal mistero. Finchè una cosa rimane sconosciuta non si dà pace: esplora, ragiona, investiga ed esperimenta, fermandosi soltanto quando ormai non c’è più niente da scoprire.

Che delusione, allora! Una volta conosciuto, il mistero si perde, e con esso svanisce ogni fascino che ammaliava così ardentemente il nostro spirito.

Johan Fabricius

Johan Fabricius era uno scrittore, specializzato in letteratura fiabesca per i bambini. Quelle che qui vi ripropongo sono alcune illustrazioni dei racconti della serie “De wondere avonturen van Arretje Nof”, del 1928; non ho trovato il testo in italiano o inglese, e l’olandese ,lo ammetto, davvero non lo capisco.

Johan Fabricius

Ma proprio per questo le immagini risultano ancora più godibili: così avvolte dal mistero, cessano di essere un semplice corredo didascalico ad una storia, e si ampliano fino a diventare una cornice in cui la nostra fantasia può ricamare liberamente.

Johan Fabricius

Johan Fabricius

41. Il Cristo e gli uomini visti da William-Adolphe Bouguereau

Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe“, disse Gesù ai suoi discepoli; ma in un altro passo dei Vangeli, la stessa profezia riecheggia, rivolgendosi direttamente al Cristo stesso: “Ecco, noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell’Uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso“.

William-Adolphe_Bouguereau_(1825-1905)_-_The_Flagellation_of_Our_Lord_Jesus_Christ_(1880)La pelle di Gesù è pallida, il suo corpo sembra avvolto da una luce bianca, la luce del martirio; la testa piegata all’indietro in un sordo grido di dolore, gli occhi ormai perduti nella sofferenza. Ma il particolare più raccapricciante è l’espressione del volto di coloro che lo stanno tormentando. Non c’è traccia di crudeltà, accanimento, non c’è né ira né collera, ma un contegno serio e grave, come di chi sta compiendo semplicemente il proprio dovere solenne.

Anche le persone che assistono allo spettacolo hanno la stessa espressione, quasi un’ostentata indifferenza. Se potessero parlare direbbero certamente qualcosa tipo:”E’ crudele, ma non c’era altra cosa da fare, era l’unica soluzione”. Solo un bambino, sulla destra, è voltato per non guardare la scena: vorrebbe essere un simbolo di innocenza, ma di fatto è piuttosto l’allegoria dell’impotenza e dell’ignavia.

Spesso dietro i crimini più efferati si nasconde proprio la ferma convinzione di essere nel giusto. Se i sacerdoti mandarono al flagello Gesù, non fu per invidia o meschinità, ma per la ferma e santa convinzione di proteggere il loro popolo, di salvaguardare la Legge e di preservare il fragile equilibrio politico di quegli anni di confusione. Eppure proprio questo desiderio di fare del bene diventa una via perversa tramite il quale il male si manifesta nel mondo!

Anche i “pagani” fustigatori, in fin dei conti, non stanno facendo altro che il loro mestiere: rifiutare il compito del torturatore significherebbe disertare, una pericolosa infrazione dell’ordine gerarchico. Forse si potrebbe anche cercare una sfumatura di rimorso fra le pieghe dei loro occhi, ma che importa, dal momento che continuano a dar frustate?

Ecco, il male è venuto al mondo tramite coloro che sono convinti di essere nel giusto, e quello stesso male cresce per mano dei soldati che eseguono senza obiettare i loro ordini.

Quante volte simili situazioni si sono ripetute nella storia! Nessuno vuole il male, tutti cercano attivamente il bene, e proprio nel cercarlo creano l’esatto opposto.

Basterebbe un po’ di dubbio, per allentare quella soffocante sicurezza in sè stessi che è la causa di tanta rovina: quello stesso dubbio che la Chiesa definisce l’arma principale del Diavolo. Ma a pensarci bene, chi più degli appartenenti alle gerarchie ecclesiastiche è fermamente convinto di essere nel giusto?

Noi pertanto, aderendo fedelmente alla tradizione ricevuta fin dall’’esordio della fede cristiana, a gloria di Dio nostro Salvatore, ad esaltazione della cattolica religione ed a salute dei popoli cristiani coll’approvazione del Sacro Concilio, insegniamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato, il Romano Pontefice, quando parla ex Cathedra, ossia quando, esercitando l’uffizio di Pastore e Dottore di tutti i cristiani, per la sua suprema apostolica autorità definisce una dottrina sulla fede o sui costumi doversi tenere da tutta la Chiesa, per l’assistenza divina, a lui nel beato Pietro promessa, godere di quella infallibilità di cui il divin Redentore volle essere fornita la sua Chiesa nel definire una dottrina sulla fede o sui costumi, e pertanto tali definizioni del romano Pontefice essere per se stesse e non pel consenso della Chiesa, irreformabili. Se alcuno poi, tolgalo Iddio, osasse contraddire a questa nostra definizione, sia anatema.

Ah, per quanti secoli il Figlio dell’Uomo è rimasto nelle mani dei sommi sacerdoti e degli scribi!

C’è una meravigliosa poesia di Jacopone da Todi, “Donna de Paradiso”, che racconta la Passione vista dagli occhi di Maria:

«Donna de Paradiso,
lo tuo figliolo è preso
Iesù Cristo beato.

Accurre, donna e vide
che la gente l’allide;

credo che lo s’occide,
tanto l’ho flagellato»

e poi continua, con il popolo che reclama la morte di Gesù:

«Crucifige, crucifige!
Omo che se fa rege,

secondo la nostra lege
contradice al senato».

Vengono in mente altri versi, dalla canzone Geordie di De Andrè:

«Né il cuore degli inglesi né lo scettro del re
Geordie potran salvare,
anche se piangeran con te
la legge non può cambiare».

Gli uomini non possono controllare la legge: ma come, non l’hanno creata loro stessi? Forse la legge ha preso vita propria, come un idolo sfuggito al controllo dei propri teurghi?

O è soltanto una scusa, un paravento dietro cui nascondere le proprie viltà, evitandone la responsabilità?

Forse entrambe le cose sono vere: la legge è un idolo costruito con i migliori intenti e le migliori speranze degli uomini, ma che finisce per attrarre e concentrare proprio l’esatto opposto – meschinità, sospetti, paure.

La via della società è la via della legge: le due cose paiono quasi coincidere. Ma è possibile anche un’altro contegno, che non sia né imposizione né rinuncia. La via opposta è un cammino di umiltà e povertà di spirito, fatto non di convinzioni gridate ai quattro venti, ma di domande sussurrate. Non è la via degli eroi, ma esige una forza molto più dolce e delicata, capace di rinunciare e donarsi.

Senza sprecare troppe parole, lasciamo il campo a Bouguereau, che lo dipinge mirabilmente, ispirandosi ad un altro noto passo del Vangelo: “Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.
A ben vedere, non si tratta nemmeno di una decisione propria: altrimenti si potrebbe anche pensare che il gesto di Simone sia mosso da vanità, o da esibizionismo, o dal desiderio di ricompense. Anche questa è invece un’imposizione forzata: ma la grandezza d’animo sta tutta nel modo in cui lui ha saputo farsene carico.

William-Adolphe_Bouguereau - Compassione