Il castello di Vyšehrad è una delle zone più incantevoli di Praga: un magnifico complesso fortificato su uno sperone roccioso a picco sulla Vlatva. Lassù, vicino alla cattedrale di S. Pietro e Paolo, c’è un cimitero in cui praticamente ogni lapide ed ogni tomba è una piccola opera d’arte a sè.
Una delle più particolari è questa tomba, della famiglia Masek:
Il tema raffigurato, pur riprendendo molte suggestioni bibliche, non è certo canonico.
Il serpente sull’albero è senza dubbio colui che tentò Eva:
«Il Signore Dio disse alla donna: “Che hai fatto?”. Rispose la donna: “Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato”.» (Genesi, 3:12)
Anche il cherubino rimanda probabilmente ad un altro passo della Genesi, 3:24:
«pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita.»
La peculiare spada dell’angelo della figura è una flamberga, una particolare spada a due mani dalla lama ondulata, appunto, come la lingua d’una fiamma.
Nel dramma della caduta di Adamo ed Eva non c’è menzione di uccelli bianchi; quella che fugge dall’albero potrebbe essere la colomba dell’arca di Noè:
«la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco un ramoscello di ulivo.» (Genesi, 8:11)
Infine, le parole Manel, Thecel, Phares si riferiscono al quinto capitolo del libro di Daniele; riporto l’intero passo:
«Il re Balthazar imbandì un gran banchetto a mille dei suoi dignitari e insieme con loro si diede a bere vino. Quando Balthazar ebbe molto bevuto comandò che fossero portati i vasi d’oro e d’argento che Nabucodònosor suo padre aveva asportati dal tempio, che era in Gerusalemme, perché vi bevessero il re e i suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine. Furono quindi portati i vasi d’oro, che erano stati asportati dal tempio di Gerusalemme, e il re, i suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine li usarono per bere; mentre bevevano il vino, lodavano gli dèi d’oro, d’argento, di bronzo, di ferro, di legno e di pietra. In quel momento apparvero le dita di una mano d’uomo, le quali scrivevano sulla parete della sala reale, di fronte al candelabro. Nel vedere quelle dita che scrivevano, il re cambiò d’aspetto: spaventosi pensieri lo assalirono, le giunture dei suoi fianchi si allentarono, i ginocchi gli battevano l’uno contro l’altro.
Allora il re si mise a gridare, ordinando che si convocassero gli astrologi, i caldei e gli indovini. Appena vennero, il re disse ai saggi di Babilonia: “Chiunque leggerà quella scrittura e me ne darà la spiegazione sarà vestito di porpora, porterà una collana d’oro al collo e sarà il terzo signore del regno”.
Allora entrarono nella sala tutti i saggi del re, ma non poterono leggere quella scrittura né darne al re la spiegazione.
Il re Balthazàr rimase molto turbato e cambiò colore; anche i suoi grandi restarono sconcertati.
La regina, alle parole del re e dei suoi grandi, entrò nella sala del banchetto e, rivolta al re, gli disse: “Re, vivi per sempre! I tuoi pensieri non ti spaventino né si cambi il colore del tuo volto. C’è nel tuo regno un uomo, in cui è lo spirito degli dèi santi. Al tempo di tuo padre si trovò in lui luce, intelligenza e sapienza pari alla sapienza degli dèi. Il re Nabucodònosor tuo padre lo aveva fatto capo dei maghi, degli astrologi, dei caldei e degli indovini. Fu riscontrato in questo Daniele, che il re aveva chiamato Baltazàr, uno spirito superiore e tanto accorgimento da interpretare sogni, spiegare detti oscuri, sciogliere enigmi. Si convochi dunque Daniele ed egli darà la spiegazione”.
Fu quindi introdotto Daniele alla presenza del re ed egli gli disse: “Sei tu Daniele un deportato dei Giudei, che il re mio padre ha condotto qua dalla Giudea? Ho inteso dire che tu possiedi lo spirito degli dèi santi e che si trova in te luce, intelligenza e sapienza straordinaria. Poco fa sono stati condotti alla mia presenza i saggi e gli astrologi per leggere questa scrittura e darmene la spiegazione, ma non sono stati capaci. Ora, mi è stato detto che tu sei esperto nel dare spiegazioni e sciogliere enigmi. Se quindi potrai leggermi questa scrittura e darmene la spiegazione, tu sarai vestito di porpora, porterai al collo una collana d’oro e sarai il terzo signore del regno”.
Daniele rispose al re: “Tieni pure i tuoi doni per te e da’ ad altri i tuoi regali: tuttavia io leggerò la scrittura al re e gliene darò la spiegazione.
O re, il Dio altissimo aveva dato a Nabucodònosor tuo padre regno, grandezza, gloria e magnificenza. Per questa grandezza che aveva ricevuto, tutti i popoli, nazioni e lingue lo temevano e tremavano davanti a lui: egli uccideva chi voleva, innalzava chi gli piaceva e abbassava chi gli pareva.
Ma, quando il suo cuore si insuperbì e il suo spirito si ostinò nell’alterigia, fu deposto dal trono e gli fu tolta la sua gloria.
Fu cacciato dal consorzio umano e il suo cuore divenne simile a quello delle bestie; la sua dimora fu con gli ònagri e mangiò l’erba come i buoi; il suo corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo, finché riconobbe che il Dio altissimo domina sul regno degli uomini, sul quale innalza chi gli piace. Tu, Balthazàr suo figlio, non hai umiliato il tuo cuore, sebbene tu fossi a conoscenza di tutto questo. Anzi tu hai insolentito contro il Signore del cielo e sono stati portati davanti a te i vasi del suo tempio e in essi avete bevuto tu, i tuoi dignitari, le tue mogli, le tue concubine: tu hai reso lode agli dèi d’oro, d’argento, di bronzo, di ferro, di legno, di pietra, i quali non vedono, non odono e non comprendono e non hai glorificato Dio, nelle cui mani è la tua vita e a cui appartengono tutte le tue vie. Da lui fu allora mandata quella mano che ha tracciato quello scritto, di cui questa è la lettura: MANEL, THECEL, PHARES, e questa ne è l’interpretazione: Manel: Dio ha computato il tuo regno e gli ha posto fine. Techel: tu sei stato pesato sulle bilance e sei stato trovato mancante. Phaes: il tuo regno è diviso e dato ai Medi e ai Persiani”. Allora, per ordine di Balthazar, Daniele fu vestito di porpora, ebbe una collana d’oro al collo e con bando pubblico fu dichiarato terzo signore del regno.
In quella stessa notte Balthazàr re dei Caldei fu ucciso: Dario il Medo ricevette il regno, all’età di circa sessantadue anni.»
Torniamo a guardare la composizione, da più vicino:
Dio pose fine al regno di Balthazàr: ogni cosa ha una propria durata di tempo predeterminata, anche il regno degli iniqui.
Lo stesso vale per il regno di Satana: all’avversario di Dio è stato dato potere sul mondo, ma solo per un periodo limitato, per quanto esso sia lungo. Solo a Dio, tuttavia, è noto il termine di quest’era, che coinciderà con il termine del tempo stesso e con il ritorno allo stato di innocenza preadamitica.
Forse è proprio questo il senso del gesto dell’angelo: la sua spada fiammeggiante non sarà più un ostacolo all’ingresso nell’Eden, ma sarà rivolta contro l’antico serpente.
Seguendo lo stesso filo, la colomba che annunciò la fine del diluvio qui annuncia la fine del regno terreno ed il prossimo avvento del regno celeste.
Rimanendo in ambito biblico, tuttavia, non si riuscirebbe a comprendere a fondo l’immagine: L’archetipo associativo alla base di queste immagini travalica è ben più antico e profondo. In particolare il trio di serpente, albero e uccello è talmente diffuso in ogni cultura e società umana da apparire senz’ombra di dubbio come un patrimonio condiviso dell’intera umanità. Gli esempi in cui compare un simile trio sono moltissimi, e ricorrono tanto in fiabe e leggende che nell’immaginario della simbologia religiosa o alchemica. Giusto per citarne un paio, si pensi al mito di Etana, o all’aquila dell’Yggdrasil e al serpente Níðhöggr.
Il serpente raffigura l’elemento terrestre, femminile, fisso ed umido: può essere l’immagine del corpo, del regno terreno, o anche del male stesso; di contro, l’uccello rappresenta il principio celeste, maschile, secco e volatile, emblema del bene, come in quest’incisione, che compare sul frontespizio del Theatrum Chemicum Britannicum, una raccolta di testi alchemici curata da Elias Ashmole nel 1652:
Nel mondo fenomenico questi due principi non possono che entrare in conflitto; raramente li serpente e l’uccello vanno d’accordo, e ben più spesso capita che il serpente soccomba fra gli artigli di un’aquila. Anche qui le ricorrenze di una simile iconografia potrebbero essere migliaia; per non dilungarci in lunghe elencazioni, riportiamo un esempio ben conosciuto, l’emblema che appare sulla bandiera del Messico:
Il rettile soccombe all’uccello: lo spirito trionfa sulla materia.
E’ particolarente notevole che l’aquila poggi su un cactus: è un lampante esempio di adattamento geografico del simbolo dell’albero.
L’albero, specialmente quando fa da tramite fra l’uccello è il serpente, è un ponte fra i due mondi, fra terra e cielo, l’axis mundi che attraversa e collega i diversi strati dell’esistenza. La rottura dell’albero significherebbe perciò anche il venir meno del ponte che porta dalla terra al cielo: in questa maniera si preclude al serpente di raggiungere il Regno Celeste.
E’ tuttavia senza dubbio strano vedere l’albero della conoscenza spezzato dalla lama del cherubino.
In genere il fatale distacco del cielo dalla terra accade non nel momento della reintegrazione, ma proprio durante la caduta: i miti sono concordi nel ricordare che prima del primo peccato, il passaggio da un mondo all’altro era più semplice, e solo in seguito alla caduta dallo stato di grazia all’uomo fu preclusa l’entrata ai piani celesti.
Si potrebbe dire che l’autore abbia identificato l’albero che causò la prima disobbedienza con il peccato stesso: in tal senso la sua rottura significherebbe la fine del peccato stesso.
Ma la chiave più importante per comprendere l’albero spezzato ce la indica il luogo stesso dove l’immagine compare: una tomba!
L’albero rotto è un’immagine vivida ed immediata della vita spezzata. Ecco il tassello che ci mancava: la liberazione dal mondo qui dipinta non è quella apocalittica della fine dei tempi, ma quella personale del momento del trapasso!
Come il regno dell’avversario ha una durata limitata, anche il periodo in cui lo spirito si incarna in un corpo, esponendosi alle tentazioni del peccato, è limitato e prestabilito.
L’angelo dell’immagine angelo è l’angelo della morte, e la sua spada è la triste falce che pone fine alle vite degli uomini. Ma quel doloroso distacco giunge anche a liberare lo spirito dalle insidie dell’anima: una volta reciso il tronco dell’albero, il serpente non avrà più modo di raggiungere e divorare la colomba.
Come vorrebbe il credo cristiano, la morte non è un momento triste e finale, ma una vera e propria liberazione!